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Obbligo o verità

C’era una volta un gioco, che piaceva tanto agli adolescenti, ma faceva anche un po’ paura, chiedeva “obbligo o verità?”.
La scelta era tra l’essere costretti a fare qualcosa o il rispondere con sincerità a qualunque domanda venisse posta: insomma, qualunque fosse la scelta si rischiava di restare fregati e il più delle volte era così.

Oggi immaginate che a quel gioco, venga sottoposto ogni giorno il vostro brand. Fa paura, vero? Ma allo stato dell’arte è così: nell’epoca del fake, dove la maggior parte si lascia conquistare dalle teorie più folli, proprio alle aziende e ai loro marchi viene richiesta la massima trasparenza e l’azione più immediata.
E non si può certo rispondere ‘basta, non gioco più!’.

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C’è stato un tempo in cui ai brand e a chi si occupa di comunicazione era concesso il privilegio di far sognare. L’obiettivo era persuadere e vendere sì, ma attraverso un immaginario fatto di emozioni soprattutto. Erano i tempi del soliloquio, forse, di sicuro erano quelli delle storie. Bei tempi!
Nell’era della post truth invece non ci restano che sincerità e creatività. 
Siamo al tête a tête e non è per niente facile sostenere questa conversazione.
Obbligo e verità.

Dopo un corteggiamento virtuale, ci troviamo seduti al tavolo, tamburelliamo con le dita, cerchiamo di rendere interessante una conversazione…e soprattutto di non fare scivoloni.
 Come ci sentiamo? Da una parte stimolati da questo flow senza filtri, da una parte terrorizzati. 
Perché se è vero che questo nuovo modo di comunicare ha aperto molti spiragli interessanti, è altrettanto vero che sbagliare in questa arena di relativismo, narcisismo e polemica cronica è facile, molto facile.

Il paradigma si è ribaltato: ci si informa dove c’è mistero, ci si lascia emozionare dove c’è chiarezza. Quindi è un po’ come se comunicazione e informazione si fossero scambiate di posto. Semplicistico, ma abbastanza reale.
E allora, cosa ti racconto? La verità, al meglio che posso.

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Gli strumenti che abbiamo sono quelli che sono, ma valgono tanto se si presta attenzione alle dinamiche della rete e ci si lascia ispirare dai desideri e dai timori che in questo mare magnum vengono a galla.
Una cosa è certa: ci vuole più cura, ci vuole più impegno. 
Non è semplice immaginare voli pindarici in un recinto così angusto, ma divertirsi è ancora possibile.
In fondo, come diceva Calvino, la fantasia è un posto dove ci piove dentro.

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